Tolkien e la Grande Guerra - La soglia della Terra di Mezzo

Libro di John Garth

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    Autore: John Garth
    Curatore: Lorenzo Gammarelli
    Editore: Marietti 1820
    Collana: Tolkien e dintorni
    Anno edizione: 2007
    Prezzo: 23,75 € (Ibs)
    Pagine: 464 p.
    EAN: 9788821185700

    Questa biografia su J.R.R. Tolkien rivela l'orrore e l'eroismo che egli ha realmente vissuto come ufficiale nella Battaglia della Somme e descrive il suo rapporto col TCBS, il primo circolo di amici intimi di Tolkien, che in quegli anni lo spinsero a scrivere la sua mitologia. Con questo testo, sui primi anni della vita di Tolkien, John Garth vuole anche mostrare che l'esperienza della Prima Guerra Mondiale è una delle chiavi principali per capire il perenne fascino delle storie della Terra di Mezzo. Il volume, vista l'accuratezza documentale nella ricostruzione storica di quegli anni, risulterà di interesse anche a coloro che non hanno mai letto Il Signore degli Anelli.


    Intervista al curatore e traduttore del libro Lorenzo Gammarelli:
    Se dovessi presentare Tolkien e la Grande Guerra a un pubblico di lettori dei romanzi di Tolkien, come lo faresti?
    Direi che Tolkien e la Grande Guerra è un saggio biografico, in cui si analizza la cronaca della vita di Tolkien nel decennio fra il 1910 e il 1919, e in cui si esplorano le influenze che questa parte fondamentale della sua vita può avere avuto sulla sua opera.

    Il panorama internazionale è ricco di saggi e studi su Tolkien e sulla sua opera, anche di ottima qualità. Come mai la scelta per il secondo volume della collana Tolkien e Dintorni è caduta proprio sull’opera di John Garth?
    Prima di tutto perché, dopo due saggi fondamentali ma un po’ “pesanti” come La via per la Terra di Mezzo e Schegge di luce, abbiamo pensato che fosse il caso di passare a un punto di vista più narrativo e discorsivo, meno specialistico. Poi, perché è un libro avvincente che si può anche leggere come un romanzo. Infine, last but not least, perché rimane comunque uno dei migliori libri su Tolkien scritti negli ultimi dieci anni, e a mio parere certamente il migliore fra quelli a carattere biografico.

    Chi è il lettore ideale di questo libro? Ritieni che il contenuto sia accessibile a un pubblico eterogeneo o che si tratti piuttosto di un volume dedicato agli specialisti?
    Ovviamente questo libro sarà apprezzato soprattutto dagli appassionati tolkieniani. Tuttavia, potrebbe benissimo essere interessante anche per appassionati di storia militare, che magari hanno sentito parlare di Tolkien solamente perché hanno visto i film del Signore degli Anelli. Non dimentichiamo poi che la Prima Guerra Mondiale è profondamente incisa nella nostra coscienza nazionale, e questo potrebbe creare un ulteriore spunti di interesse.

    E’ stata ipotizzata spesso l’influenza che la Seconda Guerra Mondiale avrebbe avuto nella genesi del Signore degli Anelli. Sono stati anche suggeriti abbinamenti espliciti, suggestivi quanto fantasiosi: Hitler e Sauron, l’esercito di Mordor e la fenomenale macchina bellica nazista, la lotta delle forze del bene (gli Alleati) contro quelle del male. Tolkien e la Grande Guerra si concentra invece sulla Prima Guerra Mondiale alla quale lo stesso Tolkien prese parte. Quanto hanno influito le due grandi guerre nell’opera di Tolkien?
    A mio parere, la Seconda Guerra Mondiale ha influito ben poco sull’opera complessiva di Tolkien, mentre la Prima Guerra Mondiale è stata fondamentale. Però non voglio rovinare la sorpresa: comprate il libro e scoprirete perché! Intanto posso offrirvi una frase del libro, che risponde parzialmente a queste problematiche (notare che si parla del Kaiser Guglielmo e non di Hitler): «Orchi e Elfi non “sono” i Tedeschi e gli Inglesi; al contrario, essi distillano la crudeltà e il coraggio che Tolkien aveva visto in entrambe le parti in conflitto, come anche le qualità più generali della barbarie e della civiltà. In Melko, Tolkien non demonizza il Kaiser, ma la tirannia della macchina sull’individuo, un male internazionale che risaliva a prima del 1914, ma che sul Fronte Occidentale si esercitò con implacabile trasporto.»

    Leggendo l’abstract del volume in lingua originale si viene a sapere che Tolkien e la Grande Guerra è anche una biografia dettagliata del periodo trascorso da Tolkien al fronte. In che misura questo è vero? Vengono rivelate nuove notizie biografiche rispetto a quelle riportate dalla biografia di Carpenter?
    In questo caso l’abstract è poco veritiero: Tolkien e la Grande Guerra non è “anche una biografia”, ma è soprattutto una biografia. E non tratta solamente del periodo trascorso da Tolkien al fronte, ma anche di quello da lui passato a Oxford come studente universitario, e prima ancora a Birmingham come studente liceale. Naturalmente, la Biografia di Carpenter è un punto di partenza inderogabile per chiunque voglia raccontare la vita (o parte della vita) di Tolkien. Garth, però, espande, integra e (in alcuni casi) corregge quanto scritto da Carpenter, pescando dettagli minuziosissimi dalle fonti più disparate.

    Veniamo al lavoro di traduzione. Quanto è durato il lavoro?
    La prima idea di tradurre il libro di Garth risale all’ottobre 2004, come pura ipotesi: avevamo (quasi) terminato la traduzione della Via per la Terra di Mezzo, e ci chiedevamo a cosa dedicarci in seguito. Il progetto vero e proprio, però, è iniziato nel febbraio 2006, ed è proseguito con lunghi periodi di inattività e brevi ma intensi periodi di lavoro “matto e disperato”. Le ultime bozze sono state finite di correggere pochi giorni fa. Ci tengo a precisare che nell’opera di traduzione sono stato affiancato dai validissimi Roberto Arduini, Giampaolo Canzonieri e Alberto Ladavas.

    Quali sono stati gli ostacoli maggiori che hai incontrato durante il lavoro?
    La principale è stata la gestione del mio tempo, e l’organizzazione. Non sono un traduttore professionista, quindi ho dovuto lavorare nel poco tempo libero lasciatomi dal mio lavoro “reale”. Paradossalmente, mi ha molto aiutato il fatto di essermi rotto un gomito, costringendomi a restare a casa per più di un mese durante il quale mi sono dedicato quasi completamente al libro di Garth.

    E’ stato necessario chiedere consiglio all’autore, John Garth? Se si, in quali occasioni?
    Ho provato a scrivere a Garth per chiedergli una prefazione all’edizione italiana, e so che lui ha provato a scrivere a me. Per una serie di concomitanze e di sfighe cosmiche, nessuno dei due è riuscito a contattare l’altro per molto tempo. Quando finalmente Garth mi ha mandato una breve prefazione per l’edizione italiana, purtroppo il libro era già in stampa, e non è stato possibile inserirla. Speriamo che le vendite vadano molto bene, rendendo necessaria una seconda edizione in potrà trovare posto la prefazione.

    Ti ritieni soddisfatto del lavoro compiuto o c’è qualcosa che avresti voluto o potuto far diversamente?
    Nell’edizione rilegata dell’originale inglese sono contenute alcune rare immagini di Tolkien negli anni della sua giovinezza, e mi sarebbe piaciuto moto vederle inserite anche nell’edizione italiana; purtroppo, per problemi con i diritti d’autore delle fotografie, questo non è stato possibile. Inoltre, mi sarebbe piaciuto avere più tempo per sistemare meglio l’indice.

    Con la collana Tolkien e Dintorni Marietti sta intraprendendo un percorso nuovo nel panorama nazionale di critica e saggistica tolkieniana. C’è stata collaborazione, nel corso dei lavori, da parte dell’editore?
    L’editore è stato essenziale: fu uno dei direttori della collana, Claudio Testi, a propormi di tradurre Tolkien e la Grande Guerra, e certamente non l’avrei fatto se non avessi avuto fin da subito la prospettiva reale della pubblicazione.

    In passato hai già lavorato con Bompiani, editore dei titoli più significativi di Tolkien. E’ stato molto diverso lavorare per Marietti, editore di qualità piuttosto che di quantità? Quali la differenze che ti hanno colpito di più?
    La prima, abissale differenza sta nella cura del testo e del prodotto-libro finito: Bompiani era interessata unicamente a cose come il numero di cartelle o di pagine, e alla data di consegna del testo in tipografia. Per Il fabbro di Wootton Major e per Il cacciatore di draghi non ho neanche potuto correggere le bozze, e infatti ci sono vari refusi ed errori che si sarebbero facilmente potuti evitare (per esempio la lettera runica thorn sostituita da una p e l’errore nel nome del traduttore di Fabbro). Inoltre, mi sembra che da parte di Marietti ci siano un’attenzione e un rispetto molto maggiori per il traduttore o il curatore.

    Completato il lavoro su Tolkien e la Grande Guerra, hai nuovi progetti in cantiere dei quali vuoi anticiparci qualche notizia?
    In programma ci sono vari nuovi progetti, ma per il momento non posso parlarne. Comunque, credo proprio che adesso mi prenderò una lunga vacanza dalla traduzione; probabilmente mi dedicherò al mio sito, che negli ultimi mesi ho un po’ trascurato.


    Crediti di © Arianna Editrice e Ibs

    Edited by ;Fairytale» - 21/4/2023, 12:44
     
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    John Garth, Tolkien e la Grande Guerra. La soglia della Terra di Mezzo, Marietti 1820, Genova, 2007
    Un uomo pallido e provato è convalescente nel letto di un ospedale di guerra. Tira fuori un quaderno e, usando una calligrafia molto elaborata, scrive sulla copertina: Tuor e gli esuli di Gondolin. Poi si ferma, riflette un po’, fa un sospiro fra i denti chiusi sulla pipa, e borbotta: “No, non può più andare”. Basterebbe quest’immagine per riassumere molte cose: siamo nel 1917 e la Prima Guerra Mondiale è al suo culmine. L’uomo è J.R.R. Tolkien e quel quaderno è l’origine delle leggende che troveranno forma compiuta nel Signore degli Anelli. Appartenente alla leva del 1892, lo scrittore inglese venne catapultato nel marasma della Grande Guerra insieme a tutti i suoi amici. La maggior parte di loro non sopravvisse al conflitto e forse è proprio per questo che il sopravvissuto Tolkien si sentì autorizzato a perseguire quel disegno d’epica della modernità che farà nascere il suo capolavoro.

    Racconta tutto questo un approfondito studio, pubblicato dalla Marietti1820, Tolkien e la Grande Guerra. La soglia della Terra di Mezzo, terzo volume della collana “Tolkien e dintorni”. L’autore, John Garth, giornalista dell’Evening Standard di Londra, ha passato due anni sotto una montagna di carta, spulciando tra gli archivi dell’esercito britannico, gli stati di servizio degli ufficiali durante il conflitto, gli appunti che Tolkien stesso aveva conservato, oltre alle lettere del Tea Club and Barrovian Society (TCBS). Era questo il circolo dei compagni di scuola dello scrittore che si pensavano predestinati a rivoluzionare la sensibilità del secolo appena cominciato, ad «accendere una nuova luce nel mondo» (p. 241), ma che trovarono quasi tutti la morte nella tragedia dei loro tempi. Tolkien parlò inoltre spesso delle sue esperienze di guerra ai suoi figli Michael e Christopher, mentre questi prestavano a loro volta servizio durante la Seconda Guerra Mondiale.

    Il libro si concentra sugli anni che vanno dal 1910 al 1919. Sono anni cruciali, quelli della formazione universitaria e dell'esperienza bellica. Emerge un’immagine un po’ diversa dello scrittore. Lo troviamo mentre lotta nel fango, in un campo da rugby durante un incontro della squadra del liceo, mentre affronta con fatica gli esami universitari o organizza iniziative per il recupero della cultura antico inglese. È una figura lontana dall’austero professore di Oxford degli anni della maturità. Eppure, proprio in questi anni sono poste le basi per le sue opere maggiori.

    Le lusinghe della propaganda
    Sfogliando il capolavoro di Tolkien sono chiare le idee che lo scrittore aveva sulla guerra. Si può leggere, ad esempio, il brano in cui Sam Gamgee vede un nemico morire davanti ai propri occhi:

    «Era per Sam la prima immagine di una battaglia e non gli piacque... Avrebbe voluto sapere da dove veniva e come si chiamava quell'uomo, se era davvero d'animo malvagio, o se non erano state piuttosto menzogne e minacce a costringerlo ad una lunga marcia lontano da casa; se non avrebbe invece preferito restarsene lì in pace...».

    Menzogne e lusinghe erano il pane quotidiano nell’Inghilterra del 1914, dove la propaganda militare martellava i giovani con campagne d’arruolamento fin dentro le università. Tolkien, studente a Oxford, venne anche criticato perché si arruolò soltanto dopo la laurea e il matrimonio, un anno dopo i suoi amici e colleghi. Fu una generazione intera che si arruolò avendo negli occhi le imprese dei cavalieri medievali e le conquiste dell’impero coloniale britannico. Fu una generazione intera che perì nelle trincee della Francia, sotto le bombe dell’artiglieria e i proiettili delle mitragliatrici: nella battaglia della Somme ci furono oltre 620mila vittime, 57mila solo nel primo giorno. Quel che la propaganda descriveva con toni trionfalistici era in realtà «un carnaio» in cui l’uomo soccombeva alla tecnologia e alle macchine. Tutto questo, come scriverà un amico del college a Tolkien, soltanto per «pochi acri di fango». Tolkien se ne rese subito conto, tanto da scrivere già mentre era al campo d'addestramento:

    «Lo spreco della guerra, non solo materiale ma morale e spirituale è così sconcertante per quelli che devono subirlo. E lo è sempre stato (nonostante i poeti), e sempre lo sarà (nonostante la propaganda)...». (p. 377)

    Il dolore e lo strazio per la perdita degli amici più cari, il forzato distacco dalla sua amata Edith e il sentimento di disperata impotenza di fronte all’avvento delle nuove macchine da guerra, sono per Garth i fattori che segnano maggiormente il nascere e il definirsi dell’intero legendarium di Tolkien. Al fronte, lo scrittore vide la morte in faccia in almeno due occasioni: all’inizio della campagna della Somme, in un attacco notturno a un villaggio presidiato dai tedeschi, e in un freddo giorno d’autunno nella conquista di una trincea nemica. All’età di 24 anni, Tolkien era ufficiale segnalatore del suo battaglione e passò mesi nelle trincee francesi dove fu testimone di tutti gli orrori della “morte meccanizzata”: ripetitiva, scientifica, impersonale e tuttavia sempre presente e imprevedibile. I soldati camminavano faticosamente nel fango, vivevano in trincee sporche e infette, in balia dei capricci del tempo, aspettando ordini a volte inutili o attacchi suicidi.

    Nel 1916 Tolkien si ammalò come molti suoi compagni e fu rimpatriato, con la testa piena di quelle tragiche immagini che sarebbero riemerse più di venti anni dopo nel suo capolavoro. In ospedale, Tolkien scrisse la Caduta di Gondolin, l’ossessionante epica della città che viene distrutta da un attacco a sorpresa di un esercito nemico. Il meglio e il peggio dell’esperienza bellica dello scrittore è incarnato dai brutali globin che attaccano e dagli elfi che si difendono strenuamente contro ogni speranza.

    Tolkien perse due dei suoi migliori amici nell’offensiva della Somme e la Grande Guerra si prese la vita di un quarto dei suoi conoscenti, studenti laureati a Oxford o Cambridge. Lo scrittore rielaborò più volte la sua mitologia, ma non la completò mai: una parte fu pubblicata postuma, col nome di Silmarillion. Il Signore degli Anelli ne riflette l'atmosfera scura e la tensione narrativa, ma ha toni anche vivaci perché descrive la Terra di Mezzo - il nostro mondo in un’era pre-storica - attraverso gli occhi degli hobbit. Sono questi gli uomini comuni, i borghesi inglesi e più specificamente, i manovali e gli operai che formavano lo scheletro del battaglione di Tolkien, l’11° Fucilieri del Lancashire. Nella figura di Sam si può anche scorgere quella dell’attendente (il “bateman”), il soldato che si occupava dei problemi pratici di un ufficiale dell'esercito britannico. Tra i due si instaurava un rapporto d’amicizia profondo, simile a quello che si crea nel libro tra Sam e Frodo.

    Tragiche realtà e accuse di escapismo
    Da quel “punto morto” che fu la Prima Guerra Mondiale emersero due movimenti letterari nuovi ed enormemente influenti: quello dei War poets, gli “scrittori della Grande Guerra” appunto, e il Modernismo. Entrambi non ebbero che un’influenza trascurabile su Tolkien.

    Della pletora di scritti prodotti dai soldati, ciò che si ricorda è un amalgama di amare proteste e di coraggiosi primi piani, inflessibilmente diretti nella descrizione della vita e della morte in trincea. Padroneggiando questo stile, Robert Graves, Siegfried Sassoon e Wilfred Owen, sono i più celebri. Alcune delle poesie di Owen sono diventate la misura di tutte le altre descrizioni della Prima Guerra Mondiale – o perfino della guerra in generale. Ricercando la franchezza, Graves e i suoi amici hanno rigettato il lessico usato da giornali, propaganda e poesia tradizionale, che filtravano la guerra attraverso lo stile ereditato dai conflitti precedenti. La più famosa poesia di Owen, Inno per una Gioventù Condannata, sottolinea questo divario fra immagine sacra della guerra e la realtà:

    Quali campane funerarie per quelli che muoiono come bestiame? Solo la mostruosa rabbia dei cannoni.

    Tolkien non fece parte neanche della sperimentazione modernista dei primi anni del dopoguerra. L’epoca della Terra Desolata di T.S. Eliot e dell’Ulisse di James Joyce era per lui «un’epoca in cui a tutti gli autori si permette di bistrattare l'inglese (specialmente se in modo dirompente) nel nome dell’arte o dell’“espressione personale”».

    Diversamente da tutti loro, Tolkien scrisse molto poco di quel vide nelle trincee. Ma quelle immagini si ritrovano nel Signore degli Anelli: nei visi bellissimi e putrefatti che affiorano dalle putrescenti Paludi Morte; nell’urlo di Merry quando si aggrappa disperatamente al suo nemico per poi piantagli un pugnale nel ginocchio; in Frodo e Sam accucciati in un cratere nel terreno, mentre tutto erutta intorno a loro e si domandano se è la fine; nello stupore e al tempo stesso terrore con cui Sam vede per la prima volta l’Olifante, grande come un edificio, precipitarsi giù da una collina; e infine nelle schiere degli elfi del Martello d'Ira, che combattevano con grandi mazze e scudi pesanti, sterminate fino all’ultimo dopo essere rimaste isolate tra i nemici. Questa è la Grande Guerra, non romanzata in maniera tragica ma interiorizzata come amara esperienza personale. Decisamente in contrasto con la sua immeritata reputazione di scrittore escapista, l’opera di Tolkien quindi riflette decisamente l’impatto della guerra; inoltre, la sua voce dissidente esprime aspetti dell’esperienza di guerra che i suoi contemporanei hanno tralasciato.

    A lungo considerato una metafora degli avvenimenti della Seconda guerra mondiale, la trilogia sviluppa intuizioni già elaborate dall’autore in seguito alla sua esperienza bellica. Ma a essere decisivo, come sempre accade nell’opera di Tolkien, è l’atteggiamento linguistico dello studioso di letteratura anglosassone che arriva al fronte mentre sta già perfezionando la complessa grammatica elfica destinata a fornire uno dei più sorprendenti sviluppi al Signore degli Anelli. Il contrasto fra la continua fabbricazione di neologismi da parte dei soldati inglesi in trincea e la raffinata rielaborazione di lingue e tradizioni nordiche intrapresa da Tolkien è esaminata con estrema precisione da Garth, che dedica pagine illuminanti anche alla genesi dei cosiddetti Racconti perduti da cui germinerà la ramificata mitologia del Silmarillion. Ma ancora più dettagliata e rivelatrice è l’analisi della prima produzione poetica di Tolkien, che durante l’esperienza bellica consente una sorta di contrappunto al «disincanto» degli autori contemporanei, erroneamente convinti che l’epica non possa essere una radicale – e profetica – forma di realismo. Robert Graves, nel suo Goodbye To All That, dice addio agli ideali dell’Impero britannico e al patriottismo cieco, ma dimentica che da soldato sul Fronte Occidentale non poteva far altro che morire in maniera implacabile, tornare a casa mutilato o in barella. I miti di Tolkien ci dicono un’altra verità sulla guerra: i soldati in quell’immenso orrore erano qualcosa di più che vittime passive. Erano persone reali, renitenti, terrorizzate, codarde e brutali. Ma talvolta anche eroiche.


    Articolo di Roberto Arduini, pubblicato su © Endòre n° 13

    Edited by ;Fairytale» - 21/4/2023, 12:46
     
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    worthy grazie john per questo libro!!!!!
    se non l'avessi scritto chissà dove sarei ora con la mia tesina (probabilmente solo alla premessa ^^)
     
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2 replies since 8/2/2012, 15:28   133 views
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