Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm

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    Dalle ancor inesplorate miniere degli appaunti di tolkien, emerge un nuovo poema anche questo, come "la leggenda di sigurd e gudrun" ispirato ad poema in lingua anglosassone: "la battaglia di maldon" che vide scontrarsi anglosassoni e vichinghi. allegato al poema viene presentata un'analisi del testo, quindi il libro risulterebbe come un saggio accademico che presenta al lettore il tolkien filologo e medievalista.

    Traduttore: Giampaolo Canzonieri
    Editore: Bompiani
    Anno edizione: 2018
    In commercio dal: 2 gennaio 2019
    Pagine: 96 p., Brossura
    EAN: 9788845299704
    Prezzo: 9,50€

    Trama
    La vicenda è ambientata nelle tarde ore del giorno successivo alla Battaglia di Maldon, scontro tra inglesi e vichinghi che si svolse il 10 agosto 991 nei pressi di Maldon (Essex, Inghilterra).
    L'opera si propone come un epilogo alla Battaglia di Maldon: Torhthelm e Tìdwald, due messi dell'abate di Ely (inviati per recuperare il cadavere del conte inglese Beorhtnoth - o Byrhtnoth -), dialogano mentre esaminano le salme dei caduti al lume di una lanterna.


    Indice:
    - 5 Prefazione
    - 21 La Battaglia di Maldon
    - 31 Il Ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm
    - 69 Tolkien e "Il Ritorno di Beorhtnoth"


    Questa opera (in originale The Homecoming of Beorhtnoth Beorhthelm's Son) fu pubblicata nel 1953 all'interno del sesto volume della rivista Essays and Studies by Members of the English Association, ed è scritta nella forma di un poema allitterativo. Inoltre, Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm si può considerare anche un'opera teatrale, dal momento che consiste principalmente in un dialogo tra due personaggi.

    Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm è già stato tradotto in italiano e pubblicato da Rusconi (e poi da Bompiani) nella raccolta Albero e Foglia (1976). Tuttavia, questa nuova pubblicazione contiene la traduzione della Battaglia di Maldon, un saggio di Tom Shippey sull'opera, e una prefazione del curatore Federico Guglielmi (in arte Wu Ming 4) che spiega la genesi del racconto e ne analizza il contesto.
    Della traduzione originale di F. Saba Sardi sono stati corretti alcuni evidenti errori.


    Crediti di © Ibs e Libreria Medievale


    Saggi e libri correlati:
    - Un giorno a Maldon: il campo di battaglia e la parola magica (s)

    Edited by ;Fairytale» - 21/4/2023, 21:13
     
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    Intervista al curatore Wu Ming 4
    È in libreria la nuova edizione del testo di J.R.R. Tolkien Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm (Bompiani) a cura di Wu Ming 4. Oltre al testo di Tolkien, emendato da alcuni smaccati errori di traduzione presenti nella precedente edizione (Albero e Foglia, 2000), il libro contiene la traduzione italiana del poema breve La Battaglia di Maldon e un articolo monografico di Tom Shippey, massimo esperto tolkieniano vivente. In copertina un’illustrazione di Ian Miller, “La battaglia dei Campi del Pelennor”, impiegata in Il bestiario di Tolkien di David Day (Bompiani 1979) a pag. 236-237. Qui di seguito l’intervista al curatore, pubblicata su L’Unità del 21 dicembre 2010.

    Ecco l’intervista:

    Un romanzo, una antologia di saggi e ora una riedizione di un testo dell’autore del Signore degli Anelli. Da cosa è nato il suo interesse per J.R.R. Tolkien?
    «Le sue storie mi piacciono fin da quando ero ragazzino. Poi, in età adulta,quando sono diventato un narratore, ho avuto modo di approfondire molti aspetti del suo modo di intendere la letteratura, la sua poetica, l’architettura certosina dell’opera, l’ampio respiro del racconto, e ci ho ritrovato qualcosa di comune. La passione di raccontare ovviamente, di costruire mondi letterari complessi in cui il lettore possa immergersi e anche perdersi, viaggiandoci dentro in lungo e in largo».


    Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm è un testo semisconosciuto di Tolkien. Era già stato pubblicato, mi sembra.
    «Sì. Ma l’edizione precedente era inclusa in una raccolta di suoi scritti, Albero e Foglia, senza alcuna presentazione e contestualizzazione. Questo rendeva difficile capire l’importanza di questo testo che non è affatto secondario, come si tende a considerarlo. Proprio perché si tratta di un testo molto strano nella produzione tolkieniana era necessario fornire una cornice che consentisse di inquadrarlo per quello che è. Senza Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm non si può capire a fondo il percorso poetico che ha portato Tolkien a concepire il suo capolavoro, Il Signore degli Anelli».


    Oltre al testo originale c’è anche una postfazione non sua. Ci può spiegare il senso di un’operazione così composita?
    «La postfazione è il testo di una conferenza tenuta dal professor Thomas Shippey sul Ritorno di Beorhtnoth. Si tratta del maggior studioso tolkieniano vivente, capace di ricostruire dall’interno i problemi etici e poetici che Tolkien cercò di affrontare scrivendo questo testo bizzarro, che per metà è una riflessione filologica su un poema breve medievale, La Battaglia di Maldon, e per metà un componimento poetico che funge da epilogo immaginario del poema stesso. In questo lavoro Tolkien compie un’operazione sottile. Mette sotto accusa la poesia anglosassone, il campo di studi di una vita, e lo spirito eroico nordico che essa consacra. Lo fa per potersi affrancare da un certo modello eroico e inaugurarne un altro, quello che appunto troverà compimento nei suoi romanzi. Si tratta di un ponte tra l’ambito di studi accademici di Tolkien e l’approdo alla narrativa, rispecchiato proprio dalla natura ibrida del testo».


    Come mai un professore di anglosassone si mette a scrivere una storia invece di fare un saggio su questo frammento?
    «La Battaglia di Maldon è un poemetto che esalta il coraggio dei guerrieri inglesi cristiani contro gli invasori vichinghi pagani. Beorhtnoth è il condottiero inglese che, provocato dai nemici, rinuncia al vantaggio del terreno per onore di cavalleria. In questo modo cade sul campo e trascina con sé i suoi fedelissimi, lasciando l’Inghilterra in balia degli invasori. Nel suo testo Tolkien critica duramente l’ideale eroico che antepone alla difesa degli altri quella dell’onore personale. Lo considera un ideale pagano anche se fatto agire in nome di Dio, ispirato dal desiderio di dimostrarsi cavallereschi “per fornire materia ai menestrelli”. Per questo scrive una sorta di pièce teatrale per due soli personaggi, uno dei quali incarna questa critica, mentre l’altro prende le parti della poesia anglosassone ed esce assai malconcio dal confronto. Praticamente Tolkien forza e ribalta l’antico poema per individuare il punto di crisi del sistema di valori guerrieri esaltato dalla poesia epica nordica».


    Tolkien non è sempre stato accusato di “escapismo”, fuga dalla realtà? In fondo, mentre l’Europa era dilaniata dalla Seconda Guerra Mondiale, lui scriveva di elfi, nani e hobbit.
    «Nella sua narrativa Tolkien affronta temi universali, non certo meno validi per la sua epoca o per la nostra. Il problema del male, del potere, della morte, il tema del coraggio, la funzione della poesia e della narrativa nella nostra vita. Se questo non è parlare della realtà della condizione umana non so cosa lo sia».


    Ma lo scrittore inglese non era antimodernista, conservatore, ultracattolico, insomma “di destra”?
    «Sì. Ma questo non significa che non sapesse affrontare certe questioni capitali in una chiave problematica e irriducibile a posizioni ideologiche. Il fatto stesso che a metà della sua vita abbia saputo mettere sul banco degli imputati la filologia e la poesia anglosassoni che tanto amava dimostra quanto poco fosse “conservatore” nelle sue scelte e capace di prendere le distanze da una certa assunzione acritica dell’epica e del mito. Così come il fatto che avversasse senza mezzi termini l’autoritarismo, il razzismo e il militarismo fa di lui uno strano tipo di “reazionario” del XX secolo. In generale pretendere di inquadrare l’opera di un autore attraverso la sua biografia o la sua fede è un pessimo esercizio critico. Un atteggiamento che Tolkien stesso non sopportava».


    C’è tanto interesse in Italia per un autore come questo, con tutte le sue tematiche così inglesi?
    «Ovviamente in Italia l’interesse per Tolkien si concentra sulla sua produzione narrativa. In effetti i lavori filologici di Tolkien sono legati a un ambito apparentemente poco italiano. Ma le questioni che solleva anche nei suoi studi accademici sono da un lato di ordine morale, quindi universali, dall’altro nient’affatto slegate dalla contingenza storica che Tolkien si trovava a vivere. Proprio un testo come Il ritorno di Beorhtnoth è un duro attacco ai capisaldi culturali del nazismo e alla contiguità più o meno inconsapevole di certa filologia britannica. Altro che escapismo…».


    Perché un bambino dovrebbe leggersi un tomo di oltre 1000 pagine su un mondo che non esiste?
    «Non so perché dovrebbe farlo. So che ragazzini di tutto il mondo lo fanno. Quello che ci trovano suppongo sia l’entusiasmo di avventurarsi in territori sconosciuti insieme ai protagonisti di una grande avventura, che vedono messe alla prova le proprie qualità e devono scoprire in se stessi risorse inaspettate. Pensare che questo sia una cosa di poco conto significa disprezzare il piacere della lettura».


    Ha ancora senso oggi leggere Tolkien?
    «Non mi sembra che negli ultimi cinquant’anni abbia mai smesso di averlo. Perché oggi dovrebbe essere diverso?».


    Crediti di © Studi Tolkieniani

    Edited by ;Fairytale» - 21/4/2023, 21:16
     
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1 replies since 4/2/2012, 14:58   160 views
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